2.4 Benessere e surplus del consumatore
Nella sezione precedente abbiamo visto che al variare del reddito o del prezzo di un bene la scelta ottima del consumatore si sposta da una curva di indifferenza ad un’altra, causando una variazione di benessere la cui direzione è ovvia: il consumatore sta meglio se il reddito aumenta o un prezzo diminuisce, peggio se il reddito diminuisce o un prezzo aumenta. Stabilire se il consumatore sta meglio o peggio senza anche misurare la sua variazione di benessere, però, non basta, né ha senso farlo impiegando l’utilità come unità di misura, essendo l’utilità un concetto puramente ordinale. Affinché la teoria del consumatore sia utile non solo a spiegarne il comportamento, ma anche a confrontare diverse strutture di mercato o valutare l’impatto sociale di una nuova tecnologia o intervento statale, ciò di cui abbiamo bisogno è misurare in denaro le variazioni di benessere.
Per capire perché, supponiamo che il Governo si aspetti un inevitabile futuro rincaro dei generi alimentari, per esempio a causa di un parassita che danneggia le colture, e voglia prepararsi a dare alle famiglie un sussidio Parleremo di interventi statali come tasse e sussidi nel Capitolo 7. o bonus (di fatto, un aumento di reddito) che assicuri loro un livello di benessere pari a quello attuale. Quale dev’essere l’importo del bonus? E se invece il Governo potesse evitare il rincaro, Il Governo non saprebbe cosa fare se oltre al costo della campagna (denaro da spendere per pagare i trattamenti necessari) non ne valutasse in termini monetari anche il beneficio, se cioè non rispondesse alla domanda qui a sinistra. N.B.: la valutazione dovrebbe includere anche i vantaggi che le imprese trarrebbero dalla campagna, ma per semplicità qui stiamo ipotizzando che al Governo interessi solo il benessere delle famiglie. per esempio attraverso una campagna di disinfestazione, quanto sarebbero disposte a pagare le famiglie (cioè a quanta parte di reddito sarebbero disposte a rinunciare, dandola allo Stato sotto forma di tasse) per finanziare la campagna?
Dovrebbe essere chiaro che per rispondere a domande come queste, e tante altre, è appunto necessario avere una misura monetaria delle variazioni di benessere causate da variazioni del reddito o del prezzo di un bene. Nel caso di una variazione di reddito abbiamo già quello di cui abbiamo bisogno, essendo la variazione già espressa in euro. E nel caso di una variazione di prezzo, come procediamo? L’idea è che ogni variazione di benessere causata da una variazione di prezzo può essere controbilanciata da un’appropriata variazione di reddito. Potendo calcolare quest’ultima, possiamo allora usarla come misura monetaria della variazione di benessere causata dalla variazione di prezzo.
Surplus del consumatore
Nel Capitolo 1 abbiamo introdotto il concetto di surplus del consumatore e abbiamo preso per buona l’idea di utilizzare la variazione di surplus causata da una variazione di prezzo come misura monetaria della corrispondente variazione di benessere del consumatore.
Nella seconda parte di questa sezione daremo un fondamento a quell’idea. In particolare, mostreremo che la variazione di surplus si pone a metà strada tra (e fornisce quindi una ragionevole approssimazione a) due misure monetarie esatte della variazione di benessere chiamate variazione compensativa e variazione equivalente.
Prima di fare questo, rivediamo il concetto di surplus del consumatore, ipotizzando preferenze rappresentate dalla funzione di utilità $U(X,Y)=XY$. Nella sezione precedente abbiamo visto che in questo caso la scelta ottima è spendere metà del reddito, che assumiamo essere $M=360$, in ciascuno dei due beni. La funzione di domanda del bene $X$ è quindi $X=180/P_X$.
Variazione compensativa e variazione equivalente
Continuando
I due concetti di $CV$ e $EV$ furono introdotti nel 1939 da John Hicks
(premio Nobel per l’economia 1972)
il nostro esempio, supponiamo che il reddito sia $M=360$ e che inizialmente i prezzi siano $P_X=9$ e $P_Y=18$. La scelta ottima è allora il paniere $A=(20,10)$, che dà utilità $U(20,10)=200$. Supponiamo ora che il prezzo del bene $X$ aumenti a $P_X=36$. La scelta ottima diventa il paniere $B=(5,10)$, che dà utilità $U(5,10)=50$.
Possiamo pensare a due modi per misurare in termini monetari e in maniera esatta la perdita di benessere del consumatore:
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Variazione compensativa ($CV$): il reddito aggiuntivo (sussidio) che permetterebbe di raggiungere, ai nuovi prezzi $P_X=36$ e $P_Y=18$, il livello di utilità del vecchio paniere $A$, ovvero $U=200$.
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Variazione equivalente ($EV$): la riduzione La variazione equivalente misura quindi quanto il consumatore sarebbe disposto a pagare per evitare la variazione di prezzo. di reddito (tassa) che, ai vecchi prezzi $P_X=9$ e $P_Y=18$, porterebbe il consumatore al livello di utilità del nuovo paniere $B$, ovvero $U=50$.
La figura seguente illustra il calcolo di variazione compensativa e variazione equivalente e mostra la loro relazione con la variazione di surplus del consumatore.