3.2 Costi dell'impresa
Per scegliere in modo ottimale il suo livello di produzione, un’impresa deve per prima cosa calcolare quanto le costa produrre (in maniera efficiente) ogni data quantità di output. Naturalmente, tale costo dipende a sua volta dalla produttività dell’impresa. In questa sezione vedremo come calcolare i costi e come essi dipendono dalla produttività.
Dalla produzione ai costi
Per poter svolgere la propria attività l’impresa deve sostenere due tipi di costi. Il costo fisso dell’impresa, che indicheremo con $FC$, è la spesa per l’input fisso, cioè quella necessaria al funzionamento dell’unità produttiva (per es. affitto di locali, macchinari, ecc.). Come dice il nome, il costo fisso è indipendente dal livello di produzione scelto dell’impresa. Il costo variabile dell’impresa, che invece dipende dal livello di produzione, è la spesa per il fattore lavoro.
Come si fa a calcolare, per ogni data quantità di output $Q$, la spesa in lavoro necessaria ad ottenere quella quantità di output? Per rispondere a questa domanda basta ricordare che la funzione di produzione inversa misura, per ogni data quantità di output $Q$, il numero di unità di lavoro necessarie ad ottenere quella quantità di output: $L=Q^2/A^2$. È quindi chiaro che, moltiplicando questo numero per il prezzo di una unità di lavoro, ovvero per il salario giornaliero, che indichiamo con $W$, otteniamo la risposta alla nostra domanda. Abbiamo così definito la funzione di costo variabile dell’impresa:
\(\begin{gathered} VC(Q) = \frac{W}{A^2} Q^2 \end{gathered}\)
Aggiungendo il costo fisso al costo variabile, otteniamo il costo totale dell’impresa:
\(\begin{gathered} C(Q) = FC + VC(Q) = FC + \frac{W}{A^2} Q^2 \end{gathered}\)
Nella figura qui sotto, che riprende l’esempio discusso nella Sezione 3.1, illustriamo il calcolo dei costi dell’impresa a partire dalla sua funzione di produzione $Q=80\sqrt{L}$, assumendo che il costo fisso dell’impresa sia $FC=100$ e il salario giornaliero $W=64$.
La seguente figura mostra come i costi variano al variare della produttività dell’impresa, del costo fisso e del salario, assumendo che il lavoro sia un input divisibile.
Dai costi ai costi unitari: i costi medi
La funzione di costo totale misura, in corrispondenza di ogni quantità di output, la spesa complessiva che l’impresa deve sostenere per produrre quella quantità. Ma quanto costa all’impresa produrre una unità di output? Quanto su questa spesa incide il costo fisso, e quanto il costo del lavoro? Come vedremo nella prossima sezione, rispondere a queste domande è importante per determinare la scelta ottima dell’impresa.
Dividendo il costo fisso per il numero di unità prodotte dall’impresa, otteniamo il costo fisso medio (Average Fixed Cost), ovvero la spesa per input fissi che l’impresa deve sostenere, in media, per produrre una unità di output:
\(\begin{gathered} AFC(Q) = \dfrac{FC}{Q} \end{gathered}\)
In modo analogo, dividendo il costo variabile per il numero di unità prodotte otteniamo il costo variabile medio (Average Variable Cost), ossia la spesa per il fattore lavoro che l’impresa deve sostenere, in media, per produrre una unità di output:
\(\begin{gathered} AVC(Q) = \dfrac{VC(Q)}{Q} = \dfrac{W}{A^2} Q \end{gathered}\)
Intuitivamente, tale spesa dovrebbe essere tanto più alta quanto meno produttiva è, in media, una giornata di lavoro. In effetti, dato che il prodotto medio misura la quantità di output ottenuta in media da una giornata di lavoro, il suo reciproco $1/AP_L$ misura il numero di giornate di lavoro necessarie, in media, a produrre una unità di output. Moltiplicando questo numero per il salario giornaliero otterremo quindi la spesa per il fattore lavoro necessaria, in media, a produrre una unità di output, cioè il costo variabile medio. Si può infatti facilmente verificare che
\(\begin{gathered} AVC = \frac{W}{AP_L} \end{gathered}\)
Infine, sommando costo fisso medio e costo variabile medio, otteniamo il costo medio (Average Cost), cioè la spesa per input fissi e variabili che l’impresa deve sostenere, in media, per produrre ogni unità di output:
\(\begin{gathered} AC(Q) = \dfrac{C(Q)}{Q} = \dfrac{FC+VC(Q)}{Q} = \frac{FC}{Q} + \frac{W}{A^2} Q \end{gathered}\)
La seguente figura illustra il calcolo dei costi medi a partire dai costi dell’impresa, e ne discute il loro andamento al variare della quantità prodotta. Come prima, assumiamo che la funzione di produzione sia $Q=80\sqrt{L}$, il costo fisso $FC=100$, ed il salario giornaliero $W=64$.
Dai costi ai costi unitari: il costo marginale
La funzione di costo medio è utile a capire se l’impresa è in grado di ottenere profitti positivi svolgendo la propria attività, come vedremo in seguito. Introduciamo ora un diverso concetto di costo unitario, il costo marginale (Marginal Cost), che sarà invece di fondamentale importanza per determinare la scelta ottima dell’impresa: quanto output produrre per massimizzare il profitto?
Il costo marginale è la spesa che l’impresa deve sostenere, in media, per produrre ciascuna delle ultime $\Delta Q$ unità di output. Come i costi medi, anche il costo marginale è una funzione della quantità di output $Q$ prodotta dall’impresa, e la sua formula è
\(\begin{gathered} MC(Q) = \frac{\Delta C}{\Delta Q} = \frac{C(Q)-C(Q-\Delta Q)}{\Delta Q} \end{gathered}\)
Quando lavoro e output sono infinitamente divisibili, la funzione di costo marginale è la derivata della funzione di costo totale (o della funzione di costo variabile, visto che le due funzioni differiscono solo per una costante, cioè il costo fisso):
\(\begin{gathered} MC(Q) = \frac{2W}{A^2} Q \end{gathered}\)
Anche in questo caso vale la pena notare la relazione tra spesa e produttività. Ricordiamo che il prodotto marginale misura la quantità di output ottenuta in media da ciascuna delle ultime $\Delta L$ unità di lavoro utilizzate dall’impresa. Il suo reciproco $1/MP_L$ misura quindi il numero di giornate di lavoro necessarie, in media, a produrre ciascuna delle ultime $\Delta Q$ unità di output. Moltiplicando questo numero per il salario giornaliero otteniamo quindi il numero di euro necessari, in media, a produrre una di quelle ultime unità di output, cioè il costo marginale. Si può infatti facilmente verificare che
\(\begin{gathered} MC = \frac{W}{MP_L} \end{gathered}\)
La seguente figura illustra il calcolo del costo marginale a partire dai costi dell’impresa:
La figura qui sotto riassume i concetti introdotti finora, mostrando come costi e costi unitari dipendono dalla produttività dell’impresa (parametro $A$), dal costo fisso e dal costo del lavoro (parametri $FC$ e $W$).
Costo medio minimo e scala efficiente di produzione
Un altro modo per capire perché il costo medio ha la forma di una U è osservare che per bassi livelli di output il costo marginale è minore del costo medio, mentre per alti livelli di output è maggiore. Nel primo caso, il costo medio deve quindi essere decrescente. Pensiamo di nuovo alla nostra media scolastica: se l’ultimo voto ricevuto è più basso della media, questa si abbasserà. Nel secondo caso, il costo medio deve invece essere crescente. Se l’ultimo voto è più alto della media, questa aumenterà.
Nel punto in cui la curva $MC$ interseca Cosa succede, infatti, se in una verifica ricevete un voto esattamente uguale alla media dei voti delle verifiche precedenti? Esatto! La media resta costante. la curva $AC$, quest’ultima da decrescente diventa crescente, raggiunge cioè il suo punto di minimo, che indichiamo con $AC_\text{min}$ nel grafico qui sotto. Il livello di produzione in corrispondenza del quale ciò accade, indicato con $Q^\text{eff}$, si chiama scala efficiente di produzione e, come vedremo nel prossimo capitolo, gioca un ruolo importante nelle decisioni di lungo periodo dell’impresa.