7.1 Regolazione dei prezzi
In molti mercati, lo Stato interviene per modificare il prezzo e la quantità scambiata, con l’obiettivo di correggere inefficienze o redistribuire il surplus tra gli agenti economici. Questi interventi possono assumere diverse forme, tra cui la regolazione diretta dei prezzi, l’imposizione di tasse o la concessione di sussidi, e l’introduzione di dazi all’importazione. In questo capitolo analizzeremo questi tre tipi di intervento e i loro effetti sul benessere di consumatori e produttori.
Uno degli strumenti
Fino al 2024, milioni di famiglie italiane acquistavano elettricità e gas a condizioni fissate dall’ARERA, l’autorità di regolazione del settore. Le tariffe rappresentavano un prezzo massimo: i fornitori non potevano offrire condizioni peggiori (con la fine del mercato tutelato queste tariffe sono ora valide solo per i clienti “vulnerabili”).
più semplici e diretti a disposizione dello Stato è la regolazione dei prezzi. Attraverso l’introduzione di un prezzo massimo o di un prezzo minimo, il legislatore interviene per modificare l’esito del mercato, imponendo vincoli al prezzo di equilibrio. Un prezzo massimo fissa un limite superiore al prezzo che può essere legalmente praticato; il suo scopo è tutelare i consumatori quando il prezzo di libero mercato è ritenuto eccessivamente elevato. Al contrario, un prezzo minimo stabilisce un livello al di sotto del quale il prezzo non può scendere; l’obiettivo è garantire un reddito minimo ai produttori. Entrambi gli strumenti generano effetti sulla quantità scambiata e sulla distribuzione del surplus.
Prezzo minimo e prezzo massimo in un mercato concorrenziale
L’effetto di un prezzo minimo o di un prezzo massimo dipende dalla struttura del mercato. In concorrenza perfetta, dove il prezzo è determinato dall’incontro tra domanda e offerta, l’introduzione di un prezzo minimo superiore al prezzo di equilibrio crea un eccesso di offerta. Il surplus totale non è massimizzato, il surplus del consumatore si riduce, mentre l’effetto sul surplus del produttore è ambiguo.
È importante notare che nella figura stiamo assumendo che, dato un prezzo minimo maggiore del prezzo di equilibrio, solo le unità prodotte a costo marginale più basso vengono vendute: quelle nella parte sinistra della curva di offerta. Stiammo quindi implicitamente assumendo un meccanismo di razionamento efficiente dal lato dell’offerta: l’eccesso di offerta viene assorbito lasciando fuori le unità a costo più alto (o le imprese con costi più alti). Nella realtà, questo tipo di selezione non avviene automaticamente. Se lo Stato non stabilisce chi ha diritto a vendere — ad esempio fissando delle quote di produzione — si rischia di produrre più di quanto viene acquistato, generando spreco o necessità di acquisti pubblici. In agricoltura, per esempio, il governo spesso interviene acquistando direttamente l’eccesso di offerta per mantenere stabile il prezzo minimo. Se ciò non accade, l’efficienza rappresentata nel grafico non si realizza.
Simmetricamente, l’introduzione di un prezzo massimo inferiore al prezzo di equilibrio genera un eccesso di domanda. Anche in questo caso il surplus totale non è massimizzato. Il surplus del produttore si riduce, mentre l’effetto sul surplus del consumatore è ambiguo.
Analogamente a quanto detto nel caso di un prezzo minimo, la figura qui sopra rappresenta il caso in cui la quantità offerta viene venduta ai consumatori disposti a pagare di più, ovvero quelli situati nella parte sinistra della curva di domanda. Si assume dunque che l’eccesso di domanda venga assorbito lasciando fuori i consumatori meno interessati. Ma anche in questo caso il razionamento non avviene da solo. In mancanza di un sistema di assegnazione — per esempio lotterie o criteri di priorità — il bene potrebbe essere allocato in modo arbitrario, dando luogo per esempio ad un mercato parallelo (mercato nero) in cui il bene viene scambiato a un prezzo superiore al prezzo massimo. In tali casi, la perdita di efficienza può essere maggiore di quanto rappresentato nel grafico.
In sintesi, le Figure 7.1 e 7.2 illustrano gli effetti dei vincoli di prezzo assumendo che il razionamento sia efficiente, ossia che le unità scarse vadano a chi le valuta di più (sul lato della domanda) o vengano vendute da chi le produce a costo più basso (sul lato dell’offerta).
Prezzo massimo in un mercato monopolistico
Diversa è la situazione in presenza di potere di mercato, come nel caso del monopolio. Un’impresa monopolistica fissa un prezzo più alto, e produce una quantità più bassa, rispetto all’equilibrio concorrenziale. L’introduzione di un prezzo massimo può quindi avere effetti positivi sull’efficienza: se il prezzo massimo è fissato a un livello intermedio tra il prezzo monopolistico e il prezzo concorrenziale, il monopolista è incentivato a produrre una quantità maggiore, avvicinandosi al livello di produzione socialmente efficiente, con conseguente riduzione della perdita secca di monopolio.
Oltre all’introduzione di un prezzo massimo, lo Stato può limitare il potere di mercato del monopolista anche attraverso altri strumenti. Una possibilità è lo smembramento dell’impresa in più entità concorrenti, come avviene in casi di intervento antitrust. Un’altra alternativa è la nazionalizzazione, con l’obiettivo di orientare produzione e prezzi all’interesse collettivo.