7.2 Tasse e sussidi
Oltre alla regolazione diretta dei prezzi, lo Stato può agire sul mercato attraverso strumenti fiscali, le tasse e i sussidi, con l’obiettivo di correggere fallimenti del mercato — come le esternalità, di cui parleremo nel Capitolo 8 — oppure di promuovere obiettivi redistributivi. In questa sezione si esplorano gli effetti di questi strumenti sul prezzo di equilibrio, sulla quantità scambiata e sul benessere complessivo della società.
Effetti di una tassa sulla quantità
Le tasse sulla quantità, o accise, sono imposte che gravano su ogni unità Una tassa (o sussidio) lump-sum, per esempio sui consumatori, ha invece un ammontare fisso, equivale cioè a una pura riduzione (o aumento) di reddito, come abbiamo visto per es. nella Sezione 2.4 parlando di variazione compensativa e variazione equivalente. di bene scambiato, indipendentemente dal prezzo di vendita — a differenza delle imposte ad valorem, che incidono in percentuale sul valore del bene. Questo tipo di intervento modifica gli incentivi sia per i consumatori sia per i produttori, riducendo la quantità scambiata e creando un divario — chiamato cuneo fiscale — tra il prezzo pagato dai consumatori e quello effettivamente ricevuto dalle imprese. In un mercato concorrenziale, l’introduzione di una tassa comporta una perdita secca di benessere.
Per analizzarne gli effetti, supponiamo che la tassa colpisca i produttori: per ogni unità venduta, ciascuna impresa deve versare allo Stato un ammontare pari a $T$ euro. Questo equivale a un aumento del costo marginale di $T$, il che comporta uno spostamento parallelo verso l’alto della curva di offerta individuale, e quindi — trattandosi di somma orizzontale — anche della curva di offerta di mercato. E se invece la tassa gravasse sui consumatori? In tal caso, la loro disponibilità a pagare si ridurrebbe di $T$ euro per ogni unità, con conseguente spostamento parallelo verso il basso della curva di domanda.
In entrambi gli scenari, la quantità scambiata si riduce, il prezzo pagato dai consumatori aumenta, e il prezzo effettivamente ricevuto dai produttori diminuisce. Come mostrato nella figura seguente, gli effetti sul mercato sono identici nei due casi: ciò che conta è l’incidenza economica della tassa, non chi la versa formalmente allo Stato.
È interessante osservare le somiglianze e le differenze tra gli interventi statali finora analizzati: prezzo minimo, prezzo massimo e tassa sulla quantità. Come mostrato nella figura seguente, tutte e tre le misure determinano una riduzione della quantità scambiata, con conseguente diminuzione del surplus totale. Le differenze principali tra questi interventi riguardano quindi la distribuzione del benessere tra gli agenti economici.
Effetti di un sussidio
Un sussidio funziona in modo simmetrico rispetto a una tassa: invece di imporre un costo per ogni unità scambiata, lo Stato riconosce un trasferimento — pari a $T$ euro — per ciascuna unità venduta o acquistata. Supponiamo, per cominciare, che il sussidio sia concesso ai produttori: ciò equivale a una riduzione del costo marginale pari a $T$, che sposta la curva di offerta verso il basso. Se invece il sussidio è destinato ai consumatori, aumenta la loro disponibilità a pagare, spostando la curva di domanda verso l’alto di un ammontare pari a $T$. Anche in questo caso, gli effetti sul mercato sono identici: la quantità scambiata aumenta, il prezzo effettivamente pagato dai consumatori diminuisce, e il prezzo ricevuto dai produttori aumenta.
L’introduzione di un sussidio genera un aumento del surplus sia per i consumatori sia per i produttori, ma a fronte di un costo per lo Stato, pari all’ammontare del sussidio moltiplicato per la quantità scambiata. Il costo fiscale supera il guadagno in termini di surplus privati, dunque l’intervento genera una perdita secca. Come nel caso delle tasse, anche per i sussidi l’incidenza finale dipende dall’elasticità della domanda e dell’offerta, non da chi formalmente ne beneficia.
Incidenza economica di tasse e sussidi
Creando un divario tra il prezzo pagato dai consumatori e quello ricevuto dai produttori, una tassa sulla quantità riduce il benessere di entrambi, mentre un sussidio lo aumenta. Ma su chi ricade maggiormente il peso della tassa o il beneficio del sussidio? Come abbiamo visto, la risposta non dipende da chi versa formalmente l’imposta allo Stato o da chi riceve il sussidio, ma da come reagiscono consumatori e produttori al cambiamento del prezzo: è questa reazione congiunta che determina l’incidenza economica dell’intervento.
Nel Capitolo 4 abbiamo osservato che, in presenza di uno shock dal lato della domanda (per esempio una variazione di reddito del consumatore), il nuovo equilibrio si determina muovendosi lungo la curva di offerta; viceversa, uno shock dal lato dell’offerta sposta l’equilibrio lungo la curva di domanda. Tasse e sussidi generano un effetto diverso: modificano simultaneamente gli incentivi per entrambi i lati del mercato. Una tassa, ad esempio, rende più costoso acquistare per i consumatori e meno conveniente vendere per i produttori. Per questo motivo, l’aggiustamento verso il nuovo equilibrio avviene lungo entrambe le curve: la domanda si riduce per effetto del prezzo più alto, e l’offerta si contrae a causa del prezzo effettivo più basso.
Il lato del mercato che reagisce meno al cambiamento di prezzo tende a sopportare una quota maggiore della tassa. Se la domanda è relativamente rigida rispetto all’offerta, i consumatori assorbono la maggior parte del peso fiscale; se invece è l’offerta a essere meno elastica, l’onere ricade soprattutto sui produttori. È facile verificare questo graficamente. Se, per esempio, la curva di domanda fosse perfettamente rigida (cioè verticale), l’introduzione di una tassa si tradurrebbe in un aumento del prezzo al consumo pari all’intero ammontare della tassa, mentre la quantità scambiata rimarrebbe invariata. In questo caso estremo, tutto il carico fiscale ricadrebbe sui consumatori: la tassa ridurrebbe il loro surplus, lasciando inalterato quello dei produttori.
Le elasticità di domanda e offerta determinano anche la perdita di efficienza dovuta all’intervento. Anche qui, è facile vedere questo graficamente. Nel caso di domanda perfettamente rigida, la quantità rimane invariata e quindi la perdita secca è zero: il surplus perso dai consumatori si traduce interamente in gettito fiscale. Se la domanda è invece molto elastica, anche piccoli cambiamenti di prezzo generano ampie variazioni di quantità scambiata, aumentando la perdita secca di benessere.
Altri tipi di tasse
Oltre alle tasse sulla quantità analizzate finora, esistono altri tipi di imposizione fiscale che possono influenzare in modo diverso il funzionamento dei mercati. Due forme particolarmente rilevanti sono le tasse ad valorem e le tasse lump-sum.
Le tasse ad valorem sono imposte proporzionali al valore del bene scambiato: per esempio, un’imposta del 20% sul prezzo di vendita. Graficamente, esse non generano uno spostamento parallelo della curva di domanda o offerta (come accade con un’accisa), ma ne riducono la pendenza. Gli effetti di equilibrio sono qualitativamente simili a quelli di una tassa sulla quantità — riduzione della quantità scambiata, aumento del prezzo pagato dai consumatori, riduzione del prezzo ricevuto dai produttori. L’entità della perdita secca dipende ancora una volta dalle elasticità di domanda e offerta.
Le tasse lump-sum, invece, non dipendono né dalla quantità consumata né dal valore del bene: hanno un ammontare fisso per ogni individuo o impresa. Un esempio classico è una licenza che un’impresa deve pagare per operare, a prescindere da quanto produce o vende. Queste tasse non generano distorsioni e quindi non creano perdita secca nei modelli standard. Hanno però effetti redistributivi importanti: una tassa lump-sum imposta a tutti i consumatori, per esempio, riduce
Il prezzo della benzina in Italia include sia un’accisa fissa (di circa 70 centesimi / litro) sia l’IVA al 22%. L’IVA si applica sull’intero prezzo, inclusa l’accisa — una “tassa sulla tassa”.
il loro reddito e quindi la domanda di mercato.
Infine, va notato che nella realtà molte politiche fiscali combinano diverse forme di tassazione. Ad esempio, un bene può essere soggetto sia a un’accisa (fissa per unità) sia a un’imposta sul valore aggiunto (percentuale sul prezzo). La scelta tra le varie forme di tassazione dipende dagli obiettivi perseguiti dallo Stato: efficienza, equità, semplicità amministrativa o stabilità del gettito.