9.3 Monopsonio nel mercato del lavoro
Un tema rilevante nello studio dei mercati del lavoro è il potere di mercato dal lato della domanda, ovvero la presenza di poche imprese, o addirittura solo una. Un mercato caratterizzato da un singolo compratore si dice monopsonistico.
Scelta ottima del monopsonista
L’analisi del monopsonio è speculare a quella del monopolio. In un mercato monopolistico l’impresa fronteggia una funzione di domanda decrescente per il proprio prodotto: sa per vendere quantità maggiori è necessario fissare un prezzo più basso. Analogamente, in un mercato del lavoro monopsonistico l’impresa fronteggia una funzione di offerta di lavoro crescente: sa che per impiegare quantità maggiori di lavoro è necessario pagare un salario più alto. Da ciò segue che la curva di costo marginale del lavoro del monopsonista è crescente, anziché costante.
Per fare un esempio, supponiamo che la curva di offerta di lavoro (inversa) sia $W=20+L/100$. Il costo dell’impresa è allora $C=(20+L/100)\times L$ e quindi il costo marginale del lavoro $MLC=20+L/50$, una funzione crescente di $L$.
Come per un’impresa concorrenziale, la scelta ottima del monopsonista è impiegare lavoro fino al punto in cui il ricavo marginale del lavoro è pari al suo costo marginale. La differenza è che il livello di impiego $L^M$ e il salario pagato $W^M$ saranno entrambi più bassi, come illustrato nella figura qui sotto. Nella figura assumiamo che la funzione di ricavo marginale del lavoro sia $MLR=80-L/100$.
Markdown del monopsonista
Nel caso di monopsonio, il concetto speculare al markup del monopolista è il markdown, che misura di quanto il salario pagato ai lavoratori sia inferiore al loro contributo marginale alla produzione. Formalmente:
\(\begin{gathered} \frac{MLR - W}{MLR} \end{gathered}\)
Come visto per il markup, anche il markdown è legato all’elasticità dell’offerta di lavoro. Un’elasticità elevata implica un markdown ridotto, mentre un’elasticità bassa consente al monopsonista di pagare salari ben al di sotto del valore del prodotto marginale.
In concorrenza perfetta, la condizione di domanda di lavoro di un’impresa concorrenziale (vista nella sezione precedente) è $W = P \times MP_L$, che possiamo scrivere come $W/P = MP_L$: il salario reale è uguale al prodotto marginale reale del lavoro. Se ci fosse concorrenza, nel tempo dovremmo quindi osservare salari reali e produttività marginale muoversi insieme. Il grafico seguente, però, mostra che in Italia non è così: dopo il 2009, la produttività è cresciuta di circa il 5%, mentre i salari reali medi sono calati di circa il 5%, generando un divario di circa 10 punti percentuali.
Fonti: OECD
Questa discrepanza suggerisce la presenza di potere di mercato dal lato della domanda. Stime recenti del Fondo Monetario Internazionale per 10 paesi europei (inclusa l’Italia) indicano un markdown mediano di $1.58$: in media, le imprese pagano ai lavoratori solo circa il 60% ($=1/1.58$) del loro prodotto marginale. In questo contesto, strumenti come il salario minimo possono non solo aumentare la retribuzione, ma anche l’occupazione, come ora vedremo.
Salario minimo
Nella sezione precedente abbiamo visto che, in un mercato del lavoro concorrenziale, l’introduzione di un salario minimo superiore al livello di equilibrio riduce l’occupazione, generando una perdita secca di benessere. In un mercato del lavoro monopsonistico le cose stanno diversamente. Come un prezzo massimo imposto a un monopolista può aumentare la quantità prodotta, nel monopsonio, in modo speculare, un salario minimo può aumentare la quantità di lavoro impiegata.
In assenza
L’economista Joan Robinson nel 1933 osservò che, in presenza di potere di mercato delle imprese nel mercato del lavoro, un salario minimo può aumentare l’occupazione. Decenni dopo, gli studi empirici di David Card (premio Nobel per l’economia 2021) e Alan Krueger mostrarono che un aumento del salario minimo non ridusse l’occupazione nei fast food del New Jersey, contraddicendo la previsione del modello concorrenziale. Questi contributi hanno dato impulso a una vasta letteratura sui mercati del lavoro.
di interventi, il monopsonista paga un salario inferiore al ricavo marginale del lavoro e assume meno lavoratori di quanto sarebbe socialmente efficiente. Come per il monopolio, anche qui il motivo è l’effetto prezzo: la funzione di costo marginale del lavoro è crescente. Con l’introduzione di un salario minimo, la funzione di costo marginale del lavoro cambia. Infatti le giornate di lavoro che i lavoratori sono disposti a offrire a meno del salario minimo richiedono comunque una spesa pari al salario minimo, dato che per legge l’impresa non può pagare meno di così. La curva $MLC$ è quindi piatta (al livello del salario minimo) fino alla quantità offerta al salario minimo; solo oltre quella quantità coincide con la curva di costo marginale del lavoro in assenza dell’intervento. In questo intervallo, l’impresa può aumentare l’occupazione senza dover pagare salari più alti.
Di conseguenza, se il salario minimo è fissato appena sopra il salario di monopsonio $W^M$, l’impresa reagisce aumentando sia il salario sia l’occupazione, con una riduzione della perdita secca. Al contrario, un salario minimo troppo alto finisce per ridurre l’occupazione, come nel modello concorrenziale.
Illustriamo queste conclusioni nel grafico seguente.