4.2 Surplus totale ed efficienza dei mercati
Il surplus totale in un mercato — pari alla somma del surplus del consumatore e del surplus del produttore — costituisce una misura del benessere economico complessivo derivante dallo scambio. In questa sezione analizzeremo come, in condizioni di concorrenza perfetta, il meccanismo di mercato conduca a un utilizzo efficiente delle risorse, cioè al massimo surplus totale. Nei capitoli successivi esamineremo situazioni in cui la presenza di ostacoli alla contrattazione — come potere di mercato, esternalità, o asimmetrie informative — può dare luogo a livelli subottimali di benessere sociale.
Surplus totale nel breve periodo
In un equilibrio concorrenziale di breve periodo, il surplus totale è il massimo raggiungibile date le risorse tecnologiche esistenti, ossia considerando che il numero di imprese — e quindi il numero di unità produttive — è fisso. Non esiste alcuna quantità prodotta e consumata diversa da quella di equilibrio, né alcuna diversa ripartizione della produzione tra le imprese presenti nel mercato, che consenta di aumentare il surplus totale.
La figura seguente, basata sui dati della Figura 4.3, illustra la prima proprietà: non esiste alcuna quantità prodotta e consumata, diversa da quella di equilibrio, che generi un surplus totale maggiore di quello di equilibrio.
La figura seguente, sempre basata sui dati della Figura 4.3, illustra la seconda proprietà: non esiste alcuna ripartizione della produzione tra le imprese presenti nel mercato, diversa da quella di equilibrio, che generi un surplus totale maggiore di quello di equilibrio. L’allocazione socialmente efficiente della produzione è che le imprese producano tutte la stessa quantità.
Surplus totale nel lungo periodo
Nel lungo periodo, il vincolo precedentemente menzionato — ovvero il numero fisso di imprese — viene meno: le imprese possono entrare o uscire liberamente dal mercato. Il loro numero di imprese non è fisso, ma determinato dall’equilibrio stesso. Anche in questo contesto, il surplus totale è massimo e, tenendo conto dei costi fissi, è ancora più elevato rispetto al breve periodo.
La differenza fondamentale è che ogni impresa opera nel modo meno costoso possibile, producendo esattamente al livello di output efficiente $Q^{\text{eff}}$, cioè quello che minimizza il costo medio. Ne deriva un’ulteriore forma di efficienza sociale: non solo la quantità complessivamente prodotta e la sua distribuzione tra le imprese sono ottimali, ma anche il numero di imprese presenti sul mercato è efficiente. Esso è esattamente quello necessario a soddisfare la domanda al minimo costo possibile per la collettività.
Un’altra differenza cruciale rispetto al breve periodo riguarda la distribuzione del surplus generato. In equilibrio di lungo periodo, la concorrenza e la possibilità di ingresso/uscita dal mercato erodono completamente i profitti delle imprese: ciascuna di esse ottiene un profitto pari a zero (o, in altri termini, un surplus nullo). Di conseguenza, l’intero surplus generato dal mercato si riversa esclusivamente sui consumatori. Il surplus del consumatore coincide con il surplus totale: i consumatori si appropriano completamente del valore sociale creato dallo scambio.